Giuseppe Tucci (1894-1984) è stato uno degli studiosi più famosi nella storia degli studi orientali del secolo scorso.
Giuseppe Tucci stato uno dei pochi an essere riuscito a combinare una vasta gamma di ricerche teoriche nel campo indianistico e tibetologico con una grande intelligenza organizzativa, che si è manifestata nella fondazione dell’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente e nella pianificazione di una grande quantità di progetti per l’ Con l’aiuto di una grande quantità di materiali inediti, il libro mira a ricostruire l’itinerario biografico e intellettuale di Tucci.
L’obiettivo non è solo di evidenziare la complessità e l’importanza delle sue opere, ma anche di dimostrare come la sua figura di intellettuale si inserisca in un quadro più ampio e più ampio, in particolare nel contesto specifico della storia dell’Italia novecentesca.
Il rapporto dello studioso con il fascismo è senza dubbio uno dei problemi più difficili dell’intera storia della sua vita.
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È stato opportuno soffermarsi su come e quando ha contribuito alla politica culturale del regime. Pertanto, questa biografia mira a superare la limitata prospettiva del Tucci orientalista ed esploratore di mondi lontani e a restituire a questo studioso il ruolo e il peso che merita nella storia della cultura italiana del XX secolo, una storia in cui ha avuto un peso e un ruolo significativi, e a cui appartiene, sia con luci che con ombre.
Museo Nazionale d Arte Orientale Giuseppe Tucci
Dettagli: Il primo ammezzato nobile di Palazzo Brancaccio, in particolare l’Appartamento dei principi Elisabetta e Salvatore, è ora gestito dal Museo Nazionale d’Arte Orientale e dall’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (ISIAO).
Il primo palazzo fu progettato dall’architetto romano Gaetano Kock per la facoltosa americana Mary Elizabeth Bradhurst FIeld. Posteriormente, quando la figlia Elisabetta si sposò con il Principe Brancaccio, l’architetto Luca Carimini fu chiamato a costruire il nuovo edificio. Qui, il suo quattrocentismo minuto si è evoluto verso accenti più severi e grandiosi.
Il Museo delle arti orientali, il più importante in Italia, è stato inaugurato nel 1957 e aperto al pubblico l’anno successivo. Più della metà dei oggetti esposti appartiene allo Stato, mentre una parte è dell’IsIAO, che ha depositato presso il Museo i reperti provenienti dagli scavi nelle sue missioni archeologiche in Iran, Pakistan, Afghanistan e oggetti raccolti da Giuseppe Tucci in Nepal e Tibet tra il 1928 e il 1954.
Molte opere sono state donate in donazione o acquistate da collezioni private come la Donazione Fiacchi-Gisondi, la Collezione Taliani, la Collezione Giuganino e la Collezione Zoli-Ansaldi. Il Museo organizza le opere in base alla loro origine territoriale piuttosto che temporale. Quindi, diverse culture asiatiche si incontrano qui; comprende reperti archeologici, oggetti di arti minori (come orafo, ceramica e stoffe) e decorazioni architettoniche.
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Informazioni utili
- Inoltre, la biblioteca del museo contiene circa 53.000 volumi, mille periodici e molti manoscritti tibetani.
- Localizzazione: Roma
- Address: 248 Via Merulana
- Date di apertura: Mar, mer e ven, dalle 9:00 alle 14:00 Giorno, sabato, domenica e giorni festivi, dalle 9:00 alle 19:30 Lunedì chiude
- Il prezzo del biglietto è: €6
- Ripercussioni: € 3 per i cittadini dell’Unione europea di età compresa tra i 18 e i 25 anni e per gli insegnanti dell’Unione europea
- Gratuito per studenti universitari e cittadini dell’UE minori di anni 18 e maggiori di 65 anni.
- Offerte: telefono: +39 06/46974832
- Telefonata: +39 06/46974815 (ufficio)
- Telefono fax: +39 06/46974837
- E-mail: Ciao.@beniculturali.it
Il libro tibetano dei morti di Giuseppe Tucci
Una delle opere più grandi della cultura di tutti i tempi è il libro tibetano dei morti. È uno dei testi più influenti della spiritualità orientale che ha anche avuto un impatto più significativo sui pensieri occidentali.
Risale all’VIII secolo d.C. e raccoglie gli insegnamenti sulla vita e la morte predicati dal grande maestro Padmasambhava, una figura semi-leggendaria, sulle esperienze dell’anima cosciente nel periodo che, secondo la cultura buddhista, sta tra la morte e la rinascita.
Un testo essenziale per coloro che cercano di entrare nel cuore della tradizione spirituale orientale, qui presentato nella sua prima traduzione italiana direttamente dal tibetano da uno dei più importanti orientalisti della nostra nazione.
Risalente alI'VIII secolo, "Il libro tibetano dei morti"" riporta l'insegnamento sulla vita e la morte del maestro Padmasambhava, fondatore del buddhismo tibetano e onorato dai tibetani come un secondo Buddha. Proposto per la prima volta in edizione integrale, contiene una delle descrizioni più dettagliate e intense della morte, destinate ad aiutare i morenti e chi li accompagna in questo difficile momento di passaggio. Il volume viene qui accompagnato da un commento del Dalai Lama, oltre che da un ricco apparato di note, introduzioni ai singoli capitoli e glossario, che lo rendono comprensibile e fruibile anche da un ampio pubblico di non esperti.
Giuseppe Tucci e il Manifesto della Razza
Nel corso degli ultimi anni, diversi studiosi e membri della comunità ebraica italiana hanno affermato Che Giuseppe Tucci abbia aderito al Manifesto della Razza del 1938, ma non sono stati trovati documenti che dimostrino la sua firma in calce a copie del Manifesto.
Invece, è chiaro che si impegnerò a salvare lo psicoanalista junghiano tedesco Ernst Bernhard, che è stato rinchiuso come ebreo nel campo di internamento di Ferramonti di Tarsia in Calabria In attesa di essere deportato verso un campo di sterminio in Polonia.
La controversia è emersa dopo l’intitolazione di una strada a Tucci a Roma nel 2010. Annalisa Capristo afferma che Tucci era membro della Commissione di studio sui problemi della razza dell’Accademia d’Italia.
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Anche se non era sicuro che avesse firmato il Manifesto e non aveva mai espresso opinioni razziste o antisemite nelle sue opere. Secondo gli ambienti ebraici, l’onere della prova si invertirebbe a causa della gravità dell’accusa, e si sarebbe dovuto dimostrare che la diceria sulla firma del Manifesto non era vera prima di dare il via all’esploratore.