Marco Attena è originario di Roma, dove è nato il 7 luglio 1987. È uno scrittore che risiede ora a Velletri. Ha completato la sua formazione superiore presso l’Istituto Tecnico Commerciale “ITC Sandro Botticelli”, ottenendo il titolo di ragioniere programmatore. Dal 2008, Marco si dedica professionalmente al mondo della ristorazione.
Nel 2014, ha completato il suo percorso formativo presso la scuola di recitazione diretta da Isabella Del Bianco, dove ha conseguito il diploma in Arte drammatica. Possiede un vivo interesse per la lettura e si dedica con entusiasmo alla scoperta di una vasta gamma di generi letterari, che spaziano dai classici ai saggi, dalle opere teatrali alle poesie, fino ai romanzi sia storici che moderni.
La Quinta Vittima
Un’epoca passata vide Velletri, il borgo più vetusto tra i castelli della campagna romana, scosso da una sequenza di delitti che gettarono terrore tra gli abitanti. Si diffondeva il timore che l’autore di tali efferatezze fosse un entità sfuggente, una presenza tenebrosa inafferrabile, incarnazione stessa del male.
L’unico baluardo contro tale oscurità era l’ispettore Lucius Porto, la cui determinazione nel catturare l’assassino rasentava l’ossessione. Alla fine, la sua tenacia fu premiata, ma qualcosa durante quella fatidica notte andò terribilmente storto.
Gli eventi che seguirono rimasero avvolti nel mistero per lungo tempo, lasciando dietro di sé un vortice di sconcerto e incertezze. L’ispettore Porto ne uscì cambiato nell’animo e nella reputazione, ma il suo sacrificio non fu vano: il terrore che aveva infestato la città si dissolse, l’ombra si era dileguata. Anni più tardi, una serie di suicidi apparentemente slegati tra loro iniziò a verificarsi.
Queste morti anomale non suscitavano interesse, finché l’ispettore Porto non fu convocato per esaminare i casi e intuì immediatamente che qualcosa li collegava. Ogni vittima portava un segno, un richiamo che Lucius percepiva chiaramente. Il male, una volta dormiente, era nuovamente in agguato. L’ombra era ritornata.
Intervista
Buongiorno, Marco. Grazie per aver accettato di essere intervistato.
Buongiorno. Sono contento di poter parlare del mio lavoro.
1. Qual è stata la tua principale fonte d’ispirazione per la creazione del personaggio dell’ispettore Lucius Porto?
In realtà non ho avuto un modello preciso a cui mi sono ispirato. Lucius è stato un
personaggio “anarchico” che si è creato, quasi autonomamente, man mano che
scrivevo la storia. Non ho mai avuto un’idea precisa e definita su come dovesse
essere. Ho preferito attendere che gli eventi lo travolgessero per poter poi delineare
la sua personalità.
2. Come hai affrontato la sfida di scrivere un thriller che intreccia passato e presente nella trama?
E’ stato abbastanza complicato, ma è il tipo di struttura che preferisco. Intrecciare
passato e presente non è per niente facile soprattutto se si è inesperti come me.
Spesso mi sono dovuto fermare per rileggere attentamente ciò che avevo scritto e
controllare se corrispondesse con tutto il resto. Nonostante ciò, ritengo che sia
indispensabile fare sempre un tuffo nel passato durante una storia per comprendere
meglio il percorso che hanno fatto alcuni personaggi o per dare al lettore
l’opportunità di venire a conoscenza di alcuni episodi chiave per l’intera narrazione.
3. Quali elementi ritieni fondamentali per costruire un buon romanzo giallo e come li hai implementati?
Secondo me gli elementi fondamentali per un buon giallo sono i dettagli, la psicologia
dei personaggi e la suspance. I dettagli sono essenziali, raccontare un luogo
cercando di descrivere anche il soffio di vento che lo attraversa in un dato momento,
rende quel momento reale per il lettore, o almeno a me fa questo effetto quando
leggo i thriller di maestri come Carrisi.
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La psicologia del personaggio deve essere
ben definita, ma allo stesso tempo contraddittoria. Devono essere presenti contrasti,
lotte interiori, continui interrogativi, ansie, paranoie e una perenne lotta tra la scelta
giusta e quella sbagliata. La suspance è la regina assoluta senza cui non si può
raccontare un giallo. Spero vivamente di essere riuscito a mettere questi ingredienti
nel mio romanzo, più facile a dirsi che a farsi.
4. Come hai lavorato sulla psicologia del killer per renderlo un personaggio credibile e spaventoso?
Mi sono ispirato tanto ai libri che ho letto, a ciò che mi è piaciuto di quelle storie, a
quello che mi ha spaventato. Ho provato a raccontare un personaggio che a me
farebbe venire il terrore. Una mente perversa, un uomo che mai vorrei vedere
palesarsi al mio cospetto. In un buon personaggio cattivo, forse, ci sono tutte le
paure di chi lo ha creato.
5. Nel libro, la città di Velletri gioca un ruolo significativo. Quanto è importante per te il setting in una storia di suspense e quali tecniche hai usato per farlo rivivere nelle pagine del suo libro?
Per la mia personale esperienza Velletri ha contato veramente tanto. Forse, se non
fossi venuto a vivere qui, non avrei avuto l’idea di scrivere La quinta vittima.
L’ambientazione ha lo stesso valore dei personaggi. Lì rende ciò che sono e influisce
sulle loro azioni. Un buon setting, raccontato minuziosamente, descrivendo l’anima
stessa del posto, dà a tutta la storia un valore importantissimo, a tratti quasi
ingombrante.
6. Quali sono state le maggiori sfide che hai incontrato nel collegare gli omicidi del passato con i suicidi anni dopo?
Come ho detto le maggiori difficoltà le ho trovate cercando proprio quel filo che
unisce passato e presente, quel qualcosa che anche a distanza di anni riesce a
rendere quegli eventi collegati, intrecciati.
Raccontare gli omicidi avvenuti in passato
è servito più che altro a dare al killer la sua personalità e a definire il suo scopo.
Cercare di riportare tutto ciò al presente non è stato semplice, ma è una questione di
esperienza che ancora devo fare. C’è molto da studiare per usare alcune tecniche
narrative.
7. Puoi condividere qualcosa sul processo di ricerca che hai condotto per rappresentare accuratamente le procedure investigative in “La quinta vittima”?
E’ stata una delle cose più difficili e avrei voluto essere molto più specifico e preciso.
Ho fatto ricerche online, riletto libri in cui questo processo veniva descritto con
maestria e nel dettaglio. Ho visto film e serie che trattavano questo tipo di tema. Ho
provato ad attingere da qualsiasi parte, ma devo dire che entrare nel dettaglio di
un’indagine e cercare di descrivere le varie fasi di un processo investigativo è
complicato e mi dispiace non essere riuscito a fare in pieno quello che avevo in
mente. Ho dovuto inventare qualche escamotage, ma anche qui, è questione di fare
esperienza e studiare tanto.
8. In che modo hai cercato di mantenere il lettore in uno stato di costante tensione e sorpresa durante la narrazione?
Mi sono concentrato sullo stato d’animo del protagonista. Ho pensato che se lui
fosse stato in un costante stato di tensione, ansia e angoscia, avrebbe trasmesso tali
emozioni anche al lettore. E quando non si parla di lui, entra in scena il killer che
dovrebbe riempire il tutto con quel misto di cattiveria e perversione che portano, più o
meno, a provare i medesimi sentimenti.
9. C’è un messaggio o un tema centrale che speri i lettori coglieranno leggendo “La quinta vittima”?
A dire il vero non ho pensato ad un tema in particolare da far cogliere al lettore.
Spero soltanto che leggendo il mio libro esso possa farsi trasportare nel mondo di
Lucius Porto, nelle sue paure e insicurezze.
Mi piace immaginare che il lettore venga
avvolto da quell’oscurità di cui si parla per gran parte del libro, che percepisca la
presenza di quell’ombra inarrestabile e famelica. L’unico tema che forse può essere
presente è la fatidica scelta finale e definitiva che può segnare le nostre vite: bene o
male.
10. Puoi darci qualche anticipazione su cosa aspettarci dal futuro dell’ispettore Lucius Porto? Ci sarà un seguito delle sue avventure?
Non so se ci sarà un seguito per le avventure di Lucius Porto. Sinceramente è una
cosa che un po’ mi spaventa continuare con lui, ho paura di diventare ripetitivo. Vero
è che è stato il primo personaggio che ho raccontato, a cui ho cercato di dare
un’anima, uno scopo. Lasciarlo andare non è facile, un po’ me ne sono affezionato.
Vedremo dove mi porta l’istinto e speriamo di fare la scelta giusta.
Grazie per la tua disponibilità, Marco. È stato un piacere parlare con te.
Grazie a voi. È stato un piacere anche per me.